UNA PROMESSA-Spaccapietre
Durata: 104 min
Genere: Dramma
Lingua: ITAL./deutschen Untert.
Età 12.
Regia: Gianluca De Serio, Massimiliano De Serio
Con: Salvatore Esposito, Samuele Carrino, Antonella Carone, Giuseppe Lo Console, Vito Signorile, Licia Lanera
Critica I fratelli Gianluca e Massimiliano De Serio partono dall’installazione Tanatologia, 14 maggio 1958 sulla scomparsa della nonna avvenuta nei campi. La mescolano alla cronaca, alla storia di Paola Clemente, bracciante morta di fatica nel 2015. È un segno: una creazione artistica, seppure derivante dal reale, si intreccia a un fatto dell’oggi, a una tragedia contemporanea. La finzione sposa il vero. Perché il cinema sul lavoro soffre di un equivoco: che il realismo sia l’unica ipotesi. Ce ne sono tante altre. Come la tanatologia: tutto sommato anche Spaccapietre è uno studio della morte, una possibile illustrazione di come si muore. Ed è un racconto che, come tale, passa dall’esercizio di una materia narrativa. Dopo il documentario I ricordi del fiume, sulla baraccopoli Platz di Torino, a un passo dallo smantellamento, un’opera che nei suoi picchi era degna di Wang Bing, i registi tornano quindi alla “pura” finzione. Cercare il realismo è una falsa pista. Ecco che alcune tracce, da subito, lasciano la zona della plausibilità e vanno in un’altra direzione: per primo l’occhio cieco di Giuseppe (un magnifico Salvatore Esposito), che gli attribuisce un carattere grafico minaccioso, come fosse un pirata o il cattivo di una fiaba. Ma l’immagine gioca di ossimoro: tanto la sua pesante fisicità è sfibrata e mostruosa, quanto dolce il carattere, innamorato del figlio e disposto al sacrificio. (glispietati.it)
104 min
Genere: Dramma
Lingua: ITAL./deutschen Untert.
Età 12.
Regia: Gianluca De Serio, Massimiliano De Serio
Con: Salvatore Esposito, Samuele Carrino, Antonella Carone, Giuseppe Lo Console, V...
Critica I fratelli Gianluca e Massimiliano De Serio partono dall’installazione Tanatologia, 14 maggio 1958 sulla scomparsa della nonna avvenuta nei campi. La mescolano alla cronaca, alla storia di Paola Clemente, bracciante morta di fatica nel 2015. È un segno: una creazione artistica, seppure derivante dal reale, si intreccia a un fatto dell’oggi, a una tragedia contemporanea. La finzione sposa il vero. Perché il cinema sul lavoro soffre di un equivoco: che il realismo sia l’unica ipotesi. Ce ne sono tante altre. Come la tanatologia: tutto sommato anche Spaccapietre è uno studio della morte, una possibile illustrazione di come si muore. Ed è un racconto che, come tale, passa dall’esercizio di una materia narrativa. Dopo il documentario I ricordi del fiume, sulla baraccopoli Platz di Torino, a un passo dallo smantellamento, un’opera che nei suoi picchi era degna di Wang Bing, i registi tornano quindi alla “pura” finzione. Cercare il realismo è una falsa pista. Ecco che alcune tracce, da subito, lasciano la zona della plausibilità e vanno in un’altra direzione: per primo l’occhio cieco di Giuseppe (un magnifico Salvatore Esposito), che gli attribuisce un carattere grafico minaccioso, come fosse un pirata o il cattivo di una fiaba. Ma l’immagine gioca di ossimoro: tanto la sua pesante fisicità è sfibrata e mostruosa, quanto dolce il carattere, innamorato del figlio e disposto al sacrificio. (glispietati.it)